“Ognuno,
prima o poi, ha il suo quarto d’ora di popolarità nella vita”, questo è ciò che
il genio Andy Warhol, non etichettato perciò genio, ha detto della gente
comune.
Questa frase
si può affermare e sottolineare telefonando a qualsiasi Call Center. Prendo in
esame quello della TIM, di Mediaset Premium e del CUP dell’AUSL di Rimini.
L’operatore
di Mediaset, immalinconito dal fatto che volevo lasciare Premium dopo 5 anni,
mi ha parlato tanto in fretta che ho capito poco, e poi mi ha chiuso il
telefono in faccia, con protervia. Ora, è vero che sarà anche frustrato,
sottopagato, vilipeso, ma sicuramente un piccolo potere lo possiede, e comunque
non si può offrire un servizio così scarno e piccato agli, in questo caso, ex
clienti.
Poi ho
ritelefonato a una sua collega che mi ha trattato meglio.
Telefonando
al CUP di Rimini mi sono imbattuto in una vera e propria Kapò, un’infernale
megera, m’immagino dal corpo sformato. Però la voce era bella integra quando mi
“comandava” quello che dovevo fare. Vagheggio il suo uomo, se mai ce ne avesse
uno, quando la frusta e le fa dire epiteti di ogni genere; che poi in fin dei
conti sono quelli, mascherati, che propina con voce da contralto al malcapitato
di turno.
L’AUSL è di
Rimini: ben inteso che non so se chiamava dalla “matrigna” Bologna o chissà da
dove.
Dulcis in
fundo, le care operatrici della TIM. Comandi imperiosi, aria presumo altezzosa
con il mento alzato, sferzanti battute; se fossi uno con qualche anno in più non
capirei niente delle “sue” (intese dell’operatrice) parole, ma almeno l’anziano
si farebbe fare da lei l’operazione sul cellulare. A me non è stato concesso,
chissà perché.
Tutti questi
ceffi se potessero ti tirerebbero la cornetta del telefono nella testa.
Soffrono della crisi, ma il loro “quarto d’ora Warholiano” lo vivono, appunto,
ogni quanto d’ora. Beati loro.
Poveri
partner, anzi, se portassero la loro perfidia nel rapporto di coppia probabilmente
ci sarebbe davvero da divertirsi.
Allora auguri
e figli...operatori di Call Center.
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