Uno creduto
folle, ha imbrattato di notte alcuni monumenti di Rimini.
Il gesto
deplorevole, invece la frase, bellissima e poetica in latino, estratta da Le Bucoliche
di Publio Virgilio Marone, L’amore vince
tutto... et nos cedamus amori (anche
noi cediamo all’amore) è quanto di più bello si possa scrivere oggi come oggi,
in un Paese disitalianizzato.
Su You Tube un
giovane blogger prende a sberle Andrea Diprè, uno che si definisce critico, che
è una parola un po’ criptica e abusata, ed è anche un po’ esaltato e che nelle
sue strane interviste usa parole ricercate come: catafratto e opera d’arte
mobile, eccetera, orbene quello che lo denigra e lo sbugiarda, cioè il giovane
blogger, a un certo punto mi cade sul “Ci sta”. “Ci sta” (c’è) è un
meridionalismo obbrobrioso, lo usano in tanti e pochi sanno che è sbagliato.
Signori, basta con questo “ci sta”, è un errore madornale, usate l’italiano “c’è”.
Non “ci stanno” ma “ci sono”.
Ma non è
finita: io uso, come molti, il pc, non solo per diletto. Trascrivendo vedo suggerito
“il verde”, cioè un errore di poco conto, quando devo mettere voci del verbo “venire”,
con frasi del tipo: “il tutto viene monetizzato”, “viene preso ad esempio”, ed
ecco la riga verde, simile a quella dell’imbrattatore di Rimini, che va
stigmatizzato ma è sempre meno odiato. Quindi non: “viene” ma “è”. Computer
docet, signori, per suggerirvi di coniugare e usare questo verbo essere che gli
italiani non adoperano più o lo usano storpiato. Eliminate il “ci sta”, ma
anche il “viene”, per favore, affinché il folle grafomane (forse non così
folle) non sia spazzato via da un misero colpo di pennello bianco ma sia
ricordato per avere scritto e usato bene la sua, forse anche scarsa non lo
sappiamo, conoscenza del latino. Sempre meglio del “ci sta.”
Or dunque: Lingua
italiana, con uno scappellotto fatto bene, “vincit omnia”...et semper!
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