L’avvocato
difensore di Enrico Varani, il mandante dei killer dell’acido, indi colpevole
più di essi, ha citato che Lucia Annibali, la vittima, sia diventata un’icona
del dolore. Niente di più sacrosanto. Lucia, invece di nascondersi agli occhi della
gente per mascherare il viso sfigurato e anche l’animo, prima ha lavorato sulla
psicologia e poi sulle fattezze del suo meraviglioso ovale, con vari interventi
chirurgici. Forse l’avvocato non ha, diciamo, gradito che una donna s’innalzasse
dal ruolo di vittima a quello del giudice (perché il primo difensore della sua
persona era proprio lei) ma Lucia ha compiuto il miracolo di condannare, con il
suo comportamento assertivo, lo spregevole killer, il suo ex fidanzato. Se
qualcuno ancora crede all’esistenza di Gesù (non dico di Dio) è perché Costui si
è immolato senza dire una parola, il famoso silenzio che pesa più delle parole
stesse. Lucia poteva disertare l’aula, farsi da parte, sacrificarsi lei stessa
al ruolo di vittima. Ma nel ruolo della vita il silenzio non basta più, ci sono
i media, e allora ha deciso di fare l’esatto contrario: si è erta a paladina
delle vittime di violenza (di solito le donne) parlando, spiegando; fragile ma
decisissima. Questa grande forza d’animo, se trasmissibile, potrebbe essere
molto di più di un semplice palliativo per le coraggiose ma spesso impaurite
donne italiane nell’accusare chi le importuna. Lucia, con il suo gesto, è
diventata un’icona sì del dolore e della speranza ma anche della gioia di
vivere.
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