mercoledì 13 novembre 2013

Rimini I love You Mi è sembrato di sentire un rumore, rumore, vicino alla natia città di Raffaella Carrà.

Il sabato sera, nella provincia di Rimini, è sempre arduo trovare un posto per mangiare anche solo una pizza, anche perché è il giorno preposto ad “andare fuori”: con gli amici, con la fidanzata, con la ex. La pizza in certi locali è ottima, addirittura grande nel senso di forma, che pagare ti importa poco.
Però qualche locale è fatiscente, non si è adeguato ai tempi.
In un ristorante a buon mercato, ma rinomato, in via Marecchiese, al sabato pomeriggio, i camerieri ci bypassavano, ordinavamo ma nessuno veniva ai tavoli. Com’è possibile che nell’ospitale Romagna i camerieri non ti danno ascolto? Poi la cassiera, quasi sempre la proprietaria, sottolinea che “avete mangiato poco”. Dai, è sabato, non le puoi dire che è stato così per colpa loro, al massimo non ci vai più, depenni il luogo.
La sera invece grande ammucchiata. Conosco i posti migliori quindi sono facilitato. Ma quello che mi ha colpito è il rumore che impera tra i tavoli, che si diffonde nell’aria rimbalzando tra le pareti già un pochino spoglie. Gruppi di cinquantenni che parlano a voce alta e che usano i loro smartphone per vedere i filmini che hanno inventato. A cui nessuno frega. Il rumore di quei piccoli video è assordante ed anche inconcepibile. Il gruppo ormai ha fatto soccombere la coppia. Due persone adulte, non ragazzi perché loro nascono con il rumore appresso, fanno fatica a parlarsi, tra una pizza e un limoncino, una birra e una liquerizia e il casino che fanno gli altri commensali. Non c’è più il gusto della parola. Che può essere una poesia, una dichiarazione d’amore, una rottura di rapporto, una divisione d’intenti culturali, come discutere del film visto o da vedere. Sua maestà il rumore ha rotto l’incantesimo di descrivere gli occhi azzurri dell’amata... sono come raggi di sole che soccombono solo all’eclissi... “Cosa hai detto? scusa ma non ho sentito”. Be’, capite che è difficile ripetere certe frasi, trovare l’ispirazione. In un posto come questo, dove il sesso si consuma facile e la Littizzetto dipinge come l’Inferno in terra, scambiare attimi importanti è diventato un’impresa. Ecco perché le vittime del rumore si scatenano in Internet: Twitter, Facebook, YouTube, non hanno occasione di parlarti a voce, praticano la teoria dell’evitamento, cara a certi psichiatri. Cari ristoratori, invece di mettere, che so, una sala per fumatori, inventatevi una sala per “parlatori”, insonorizzata, attraente. Anche se in cuor mio penso che andrà deserta. È già importante e arduo ascoltare se stessi, neanche più lo psicologo ti capisce durante la seduta: “Come, c’era rumore in quell’esercizio?” E ti dici “sì” da solo. Un po’ come Foster Wallace indice nella “Scopa del sistema”, finisce la frase in questo modo: allora se-, perché consapevole che l’ultima parola non si sente mai. In certi locali neanche la prima.
Viva il rumore, dunque, l’intimità viene calpestata, i preliminari disgregati, i buoni propositi distrutti. Poi se la musica è alta, ancora peggio. Non mi stupisco che Twitter ha fatto boom in borsa, è l’emblema del periodo moderno: parlami sono nel PC e fa in fretta che ho...fretta.


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