lunedì 23 settembre 2013

Lasse stè sti pori delfoin

“Lasse stè sti pori delfoin”. Questa era la frase in dialetto maccheronico che mio fratello urlava quando vedeva le frotte di persone uscire dal Delfinario. Qui a Rimini siamo speciali. Non si tratta neanche di colpa del Sindaco, ma nella zona, immesse ruota e pista ciclabile, di cui capiremo il funzionamento con il Piano Spiaggia, quindi tra decenni, abbiamo o avevamo tolto prima il Turquoise e poi il mitico Delfinario. È un “togli e metti” che sfianca ma fa parte del dna della nostra Rimini. Rimettono in piedi il Teatro Galli (anche lì la fine dei lavori è incerta) ecco che distruggono il Teatro Novelli, che non avrà credenziali particolari, ma almeno ha fatto la sua buona parte per decenni. Si potrebbero nominare anche il Palacongressi e l’Auditorium, ma qui non hanno fatto molti danni, solamente non si utilizzano come si dovrebbe. Il “distruggere e ricostruire” a Rimini è una balla per gonzi. Non buttiamo giù niente, ma manteniamo obbrobri, e ricostruiamo strutture partorite già obsolete. Nel Fulgor è da anni che spicca la frase “Lavori in corso” ma nel “corso” non succede nulla, se non la dismissione di attività che vivono e muoiono nello spazio di un mattino.
Vuoi vedere che forse distruggeranno anche l’Arco di Augusto? Sopravvissuto a bombe alleate e al disfacimento del tempo? Mentre la sera mi recavo in bici al parco Cervi, l’Arco “osservava” la pantomima di danzatrici pessime, che ballavano immerse in un frastuono musicale assordante. Poi c’è stata per qualche sera una visione: una ragazza forse dell’Est, corpulenta ma affascinante, che suonava la batteria, “incredibile”!, nel rumore più assoluto. Sembrava appena appena malaticcia e il blu era il colore delle strutture del suo strumento. Poi non l’ho vista più. Ogni tanto appariva la batteria. Passo ancora lì per vedere solo lei, trascorso il periodo del balletto. Che non sia stata proprio Rimini che resiste a tutto, anche agli scempi di cui noi tutti siamo spettatori, che si metteva i tappi nelle orecchie e fluidificava il tempo, nonostante tutte le sopportazioni. “Io ci sono e ancora suonerò per voi”.
“Lasse stè sti pori delfoin”, ho urlato quando sono passato nei pressi del porto ma, con buona pace di Quondamatteo, la Rimini che conoscevamo sta sparendo per sempre.


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