“Lasse stè
sti pori delfoin”. Questa era la frase in dialetto maccheronico che mio
fratello urlava quando vedeva le frotte di persone uscire dal Delfinario. Qui a
Rimini siamo speciali. Non si tratta neanche di colpa del Sindaco, ma nella
zona, immesse ruota e pista ciclabile, di cui capiremo il funzionamento con il
Piano Spiaggia, quindi tra decenni, abbiamo o avevamo tolto prima il Turquoise
e poi il mitico Delfinario. È un “togli e metti” che sfianca ma fa parte del
dna della nostra Rimini. Rimettono in piedi il Teatro Galli (anche lì la fine
dei lavori è incerta) ecco che distruggono il Teatro Novelli, che non avrà
credenziali particolari, ma almeno ha fatto la sua buona parte per decenni. Si
potrebbero nominare anche il Palacongressi e l’Auditorium, ma qui non hanno
fatto molti danni, solamente non si utilizzano come si dovrebbe. Il
“distruggere e ricostruire” a Rimini è una balla per gonzi. Non buttiamo giù
niente, ma manteniamo obbrobri, e ricostruiamo strutture partorite già
obsolete. Nel Fulgor è da anni che spicca la frase “Lavori in corso” ma nel
“corso” non succede nulla, se non la dismissione di attività che vivono e
muoiono nello spazio di un mattino.
Vuoi vedere
che forse distruggeranno anche l’Arco di Augusto? Sopravvissuto a bombe alleate
e al disfacimento del tempo? Mentre la sera mi recavo in bici al parco Cervi,
l’Arco “osservava” la pantomima di danzatrici pessime, che ballavano immerse in
un frastuono musicale assordante. Poi c’è stata per qualche sera una visione:
una ragazza forse dell’Est, corpulenta ma affascinante, che suonava la
batteria, “incredibile”!, nel rumore più assoluto. Sembrava appena appena malaticcia
e il blu era il colore delle strutture del suo strumento. Poi non l’ho vista
più. Ogni tanto appariva la batteria. Passo ancora lì per vedere solo lei,
trascorso il periodo del balletto. Che non sia stata proprio Rimini che resiste
a tutto, anche agli scempi di cui noi tutti siamo spettatori, che si metteva i
tappi nelle orecchie e fluidificava il tempo, nonostante tutte le
sopportazioni. “Io ci sono e ancora suonerò per voi”.
“Lasse stè
sti pori delfoin”, ho urlato quando sono passato nei pressi del porto ma, con
buona pace di Quondamatteo, la Rimini che conoscevamo sta sparendo per sempre.
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