Forse sarò
Dio, non sicuramente un santo. Sono irascibile, collerico, bilioso. Quindi,
come ho trascorso questa prima parte d’estate? Di merda, con picchi di nevrosi molto
alti. Ho avuto il mal di schiena, se interessa e sono tornato single come lo
ero fin dalla nascita. Anzi da bambino avrò forse avuto il complesso edipico,
come tutti, il mio però si è protratto nel tempo. Mi distinguo anche in ciò. Dopo
il rischio di immobilizzazione, mi sono dedicato allo sport, ma non alla
palestra, bensì quello praticato all’aria aperta. Nuoto, camminate e
bicicletta. Mi reco nei week a Rivabella e, dopo il lavoro, prendo il sole e
nuoto a Bellaria, in spiaggia libera. Leggo pochissimo, frequento pochissimo,
giusto i vernissage di qualche artista e concerti d’essai. I miei film non li
deve andare a vedere nessuno. Solo io in platea. Guadagno il giusto per dolci
bizzarrie, diciamo che di giorno pregusto la libertà, e di sera, non avendo
qualcuna da insultare per poi farmi venire i sensi di colpa, pedalo in bicicletta
nella ciclabile nuova. Qui i nervi viaggiano scoperti. Sono tutti nemici, da
abbattere con la lancia. Il mio cavallo grigio Vicini è quello che di solito
vince i duelli, sarà che sono analgesico quindi non sento dolore. Quando non
combatto parlo, parlo, ma non reagisco come dovrei, mi sento un po’ stupido. Mi
incazzo sempre: e i pedoni che camminano sulla ciclabile, e le bici contromano,
e i risciò con dentro belve ululanti, soprattutto mi si scassa la bile quando
una bici non ha le luci. L’istinto dell’animale prevale, ma solo a momenti, poi
mi pento. Subito o poco dopo. Allora cosa ho fatto per evitare la rissa nei
miei fragili nervi? Ho inventato il circuito monte-mare, quindi lambisco solo
per una parte la nuova ciclabile. Passo per il Parco Cervi, regno di russe e di
aria frizzantina e boschiva. Poi, quando arrivo dal parco a Piazzale Kennedy,
se potessi misurare il mio livello di rabbia sarebbe 100. Io non faccio parte
dei Memores Domini, non ho promesso il
voto di castità. Né rivoglio la mia verginità. Be’ sì, adesso da single una
donna mi manca, ma, ora dico seriamente, chi può stare con me? Nessuno. Una di
Ravenna, l’altro giorno, mi ha chiamato collega perché scrive anche lei in un
quotidiano. Collega? Piccola anziana, io come colleghi ho Foster Wallace, che
leggo anche se mi appare lontano, Fante, Miller, Houellebecq e, quando sono
impegnato, in qualsiasi luogo, Siti. Collega un corno! Non sarò mai un
giornalista, ho la mano destra veloce, semmai un buon pugile o pistolero,
magari Mark Knopfler, il chitarrista dei Dire Straits, solista è meglio però. Dicevo,
è in Piazzale Kennedy che si espletano le peggiori pulsioni. A parte che per
raggiungere la ciclabile devo pregare Francesco, non c’è un poliziotto, poi ci
sono quegli extracomunitari folli che tirano in alto un robino azzurro, che poi
ti torna indietro, come un boomerang. Io quando lo osservo, anzi lo sbircio, e
c’è anche in Piazza Tre Martiri, divento matto. “Where are you from” ho chiesto
in inglese al “diverso”. Sri Lanka mi risponde quello, sorridente e in un
italiano stentato. “E quello là chi è, che armeggia come te quel coso? Da dove
viene?” Quello è un bengalese. Vado a casa sudato marcio, dopo però aver notato
che la ruota ha lo stesso colore dei barettini e dei baracchini nell’intorno, e
mi guardo su Internet da dove vengono quegli extracomunitari. I Bengalesi dal
Bengala, ma molti di essi sono profughi della Libia, dove hanno perso tutto, pure
il lavoro, e dove c’è la guerra civile. I Tamil invece sono stati deportati dagli
inglesi nel nord dello Sri Lanka, ed essendo il 20% della popolazione,
guerreggiano anche loro, per la terra, con i cingalesi, gli autoctoni che
formano l’80% della popolazione. Da tanti anni. Gli inglesi, tracotanti,
sterminatori e seviziatori, un tempo erano ben armati, pronti a combattere con
la psiche e poi con il fisico, temprato da prove massacranti. Hanno invaso
l’India in un amen. I Tamil non hanno la casa, non hanno la famiglia, non hanno
i soldi, gli è rimasta solo la dignità. Ho saputo che vendono anche le rose
alle coppiette, oltre a far mulinare quelle improprie armi azzurre. Mercoledì
sera ero a Marina Centro con la mia ex, Giulia. Venivamo da San Giuliano e, col
traghetto, siamo andati alla Destra del Porto, nel barettino delle pizze, colorato
di verde speranza, come tutto qui del resto, con tutte le luci che
sberluccicavano. Ci siamo seduti con una coca fra noi e la beviamo avidamente.
Si avvicina un extracomunitario con le rose. “Where are you from” dico un po’
seccato, prima di lanciargli sul viso un “no” tondo. “Ta...”. Forse voleva dire
tara tatta tà, ma, appena ho intuito fosse Tamil, mi sono messo a singhiozzare.
E non smettevo più. La nevrosi si è alfine placata, la mia ex sembra Psiche di
Apuleio. E le rose? Le ho comprate tutte, bagnate di sudore e pianto. Ti
regalerò una rosa, Giulia, rossa come il sangue e verde come la speranza.
Molto bello Ettore.. anche io come te spesso penso "chi può stare con me? nessuno"... il mio agosto è iniziato male, lasciata da una persona a cui avrei voluto stare accanto molto di più... ma non mi ha voluto più... io però non vado in bici ma a piedi e a Savignano c'è meno gente, nessuno vende rose..
RispondiEliminaciauuuu