Gianfranco
Angelucci, su “Album” della Voce del 16 aprile, tesse le lodi del film “Acciaio”,
interpretato, tra gli altri, dall’altera e strepitosa Vittoria Puccini. Il
paradosso è che questa pellicola nelle sale di Rimini non è uscita, se non
nella Cineteca sita in via Gambalunga di Rimini, nei pressi della Biblioteca. In
Romagna e in tutta Italia, pochi eletti hanno potuto vedere la pellicola del mistero.
Dico la
verità, invidio Angelucci che ha potuto guardare il film, io neanche su E-mule
da Internet ho potuto scaricarlo, mi sono comparsi porno di seconda categoria, cartoni
animati di Jeeg Robot, film americani di indubbio fascino ma un po’ datati.
Il libro da
cui è tratto il film è intrigante, coinvolgente, faceva venire desiderio di
guardare l’omonima pellicola. Ma niente, non gliel’ho fatta ad acchiapparla al
volo. Quando è uscita in Cineteca, con una punta di velato ottimismo e
masochismo, mi sono detto che la vedrò nei circuiti “normali”, quelli non di
culto, dove, nei sedili anatomici, talvolta è possibile impiastricciarsi
calzoni e maglietta con uno scarto di “sandwich strong” al pomodoro, residuo di
un ragazzo con poca pietà per i cinefili; in questo caso “cornuti e mazziati”
dato che, oltretutto, hanno perduto la visione dell’affascinante pellicola.
Angelucci, ti
prego, infliggimi il colpo di grazia che si usa con i tori e concedi
all’invidioso di conoscere dove hai gustato il film in lizza per il David di
Donatello. Te lo chiedo per il bene del cinema.
Non mi si dica
dai distributori, di solito muti e taciti, che era, per un qualche motivo, un
film scomodo per l’Establishment of
Cinema, perché non voglio e non posso credere che ci si comporti come il
quotidiano L’Unità, l’unico uscito in
edicola, ieri, senza menzionare la strage di Boston.
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