domenica 7 ottobre 2012

500 grammi dalla vittoria



Nella patria del soldato inglese, quello che con la spada, il fucile, con il revolver è lo stesso, preparato da esercizi massacranti e prove durissime, pena l’esclusione e il dileggio, le quattro azzurre del fioretto femminile hanno trionfato nella finale con la Russia.
500 grammi, questa è la spinta minima per colpire nel fioretto.
Vengono da Jesi De Francisca e Vezzali, dalle cupe Marche, per pregustare il trionfo.
Di Vezzali si sa già tutto, per lei sconfitta è morte, ma riesce ad entusiasmarsi per ogni colpo. La sua smorfia è come quella di Keith Richards, il suo tocco di medusa, con le gambe piegate pronte all’assalto, è un canto verso l’assoluto. Si sforza Valentina, ha grinta, le sue rughe sporgono come le comari Jesine, che anelano al mare ma, nei freddi inverni, sono sferzate dalla bora e dalla neve. Il figlio moro lo aspetta al trionfo, il marito non si sa, probabile che l’abbia cacciato da casa, con un impeto inusitato, tipico delle ragazze venute su a pane e fatica.
Di De Francisca, anche oro individuale, colpisce la statuarità del corpo e i suoi lunghi capelli ramati. Non bella ma decisa amazzone che vaga verso i palazzetti freddi in cerca di gloria. E quando la trova rimane composta, come se niente fosse e l’appartenga per casta.
Le avversarie russe, splendide muse sconfitte con occhi distanti, hanno un appeal che conosciamo. Il muro e una centrale atomica, la neve e la pianura sterminata, i capelli che le riportano a casa quando hanno alzato un po’ il gomito, bevendo con risa sguaiate a fianco di rudi uomini persi e alticci.
Ilaria Salvatori, mora e piccolina, sostituisce nel secondo round la Errigo.
Fa da mamma nel podio con una giovane coreana. I suoi occhi hanno visto tutto il livore della infinita riserva, ma alla fine il trionfo l’appaga.
Lei, forse alla sua ultima Olimpiade, ha portato acqua verso la zona 45, il punteggio che consacra la vittoria della squadra più forte del periodo. Da sempre.
Arianna Errigo. L’ho lasciata per ultima. Mancina, capelli alla schiaffo, faccia da schiaffi, irride l’avversaria con il coraggio e l’arroganza del giovane marine inglese. Le urla in faccia la sua grinta. Ha una tecnica tutta sua, con una ferocia nel corpo a corpo che entusiasma. Cerca i favori del pubblico, inneggia allo spettacolo, la sua bellezza è pari al suo coraggio.
È lei l’eroina del momento, si fa beffe di tutti, persino della Pellegrini, per parlare dell’Ultima Diva perdente.
Errigo è il nuovo che avanza. La sua scherma è blasfema per il sistema, si batte con una facilità che irrita, ma piace, piace tanto.
Volevo lei che combattesse fino alle magiche 45 stoccate, il numero magico per l’oro, lei che infrangesse ancora il muro dei 500 grammi, misure che ti separano dai comuni mortali. Lei che baciasse d’oro la Dea Nike rappresentata in medaglia, e che girasse per il palazzetto ebbra di gioia e con i bellissimi occhi limpidi che si accendono di notte come le falene del Tamigi. Come invece ha fatto davvero la Vezzali. Divina ed esperta, gode ormai dei suoi trionfi.
Ripara, en garde, evita il touchè, para, colpisci, avventa, chiudi, finisci!
L’arbitro accompagna, in un francese sporco ma obbligatorio, la leggenda del fioretto femminile.
Si dice che la scherma balli una sola estate, ogni quattro anni, sotto l’ombra di olimpia, ma invoco che le quattro azzurre mi indichino la vittoria, con i capelli a schiaffo e le sberle in faccia ai nemici.
Colpisci duro, oltre i 500 grammi, ed entri nella Storia, come il soldato inglese, che aspetta, magari nel vento freddo di Jesi, ancora una volta che appaia il nemico. Per sconfiggerlo.


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