Morì
Cesare, accoltellato dalla sua cricca senza pietà, alle idi di marzo con 23
fendenti. Qui tutti accoltellano tutti, nel film speciale di George Clooney, l’ex
fidanzato della Canalis, che dirige e interpreta questo film al meglio. Clooney
è Morris, candidato dei democratici nelle elezioni in USA, e Paul Zara e
Stephen Meyers sono palle e cervello del Governatore, la macchina omnia
organizzativa. Stephen, interpretato magistralmente da Ryan Gosling (colpisce
del film il talento innato dei protagonisti, tutti), è bravo, freddo, spietato,
tant’è che il candidato dei repubblicani Pullman, l’antagonista di Morris, lo
vuole assoldare durante la campagna dell’Ohio, lo Stato chiave.
Chi
lo voleva vedere ‘sto film agli “Agostiniani” estate, alzi la mano. Io no di
certo, pensando alle rovinose pellicole che trattano di questo genere. Ma il
miracolo si compie a Rimini, una sera di luglio, venerdì, dove il mercatino
dell’antiquariato impazza in Piazza Cavour e i giovani si fanno di birra,
superalcolici e vino; il bere, la nuova droga degli anni della crisi.
Stephen,
sempre più rampante, ha amici dappertutto: tra la carta stampata, tra i suoi
accoliti dove è paragonato a Dio e tra gli avversari, ma è solo, come solamente
un uomo può esserlo. Non gli importa di nulla, tranne che arrivare. In verità
la stagista Molly Stearns, lo inquadra, vuole circuirlo, lo intriga. Ma quando
Amore sembra arridere al giovane (Cesare? In realtà in questa pellicola sono
molti i Cesare), ecco che tutto gli piomba in testa. Paul Zara, che l’attore Philip Seymour Hoffman
l’outsider di Hollywood, fa suo con una faccia da schiaffi e un’apparente boria
da paura, sa che Stephen si è incontrato con Tom Duffy, lo sgherro scalcagnato di
Pullman. Lo dice alla giornalista Ida Horowicz (amica di Stephen fino a
quando lo scoop non prevale sul cuore), che promette la mattina dopo di
fare scempio del giovane leone con un articolo stroncante. Morris, licenzia il
suo cervello, che smette il suo sorrisino da leader e scappa tra le braccia di Duffy.
“Ti pare che io accetto tra le mie fila un licenziato, uno sborone che a Rimini
non avrebbe neanche il mutuo? Ma sei pazzo? E cosa direbbe la gente? La verità
è che volevo togliere il cervello della macchina di Morris, non assumerlo,
questo già mi basta. E poi sei incollerito, non hai un lavoro, sei nessuno. Sai
cosa ti consiglio? Prenditi un po’ di ferie e ritorna bello pimpante per un
altro incarico. La politica non fa per te.” Stephen è morto, lo hanno
pugnalato, come Cesare tanti secoli fa. Ma ha un atout pesante in mano, come i
playboy della Riviera, e come cantava De Andrè in Rimini: “Abortire il figlio
del Governatore e poi guardarlo con dolcezza”. Molly si è concessa a Morris,
che la chiama anche alle tre di notte. Stephen intuisce che Morris ha avuto un
incontro con la bionda e sensuale stagista (forse un binario un po’ trito) e,
quando ancora era lo scagnozzo del leader dei democratici, la fa abortire. Ma
Molly, dopo essere
stata dimessa dall’ospedale, viene a sapere che Stephen è stato licenziato e,
temendo che il suo segreto sia rivelato, si suicida con una overdose di
pillole. Stephen dapprima è afflitto dal senso di colpa, e poi quando anche la
ventitreesima coltellata sta per essere inflitta, preleva il cellulare della
bella stagista, risorge, rimette su il sorrisino da rampante e sfida Morris in
un negozio, groviglio di oli, birre, vini, robe liquide. Veleni. Va in scena la
solitudine degli uomini, gli uni contro gli altri, anche se lavoreranno ancora
insieme. Morris spruzza il suo veleno verso Stephen: “Non sei nessuno e non hai
nessuna prova”. “C’è un foglio, Governatore, che la inchioda, se non ci crede,
a me non importa. Voglio che Zara se ne vada, e lei ascolti il mio diktat”.
“Non sei nessuno, bamboccio”. “Veda un po’ lei, faccia come vuole”. Tutti
belli, tutti duri, tutti sorridenti, tutti Cesare e tutti vincenti. Gli altri.
I meravigliosi protagonisti delle Idi di marzo in fondo sono solo dei corrotti,
l’etica non fa difetto giusto a quella bella faccia di tolla di Zara. “Bel
colpo Stephen, un giorno tra i gelati e le bandiere mi dirai come hai fatto a
piegare Morris”, dice Paul. “Ma io volevo piegare te, non l’hai ancora capito?
Starò io con Morris altri otto anni.” Stephen diverrà il braccio destro
(solitario e solo e per quanto tempo?) di Morris e Zara va incontro al lavoro
da 1 milione all’anno, comprimario in questa vita bastarda.
Mi
sono trovato tra le collane e i quadretti con mia moglie nel sudario del centro
di Rimini, così diversa dalle metropoli americane, soddisfatto del film. Con
una cosa che mi solleva, in questa torrida estate: non sarò mai nella
situazione dei persi protagonisti dell’ultimo film di George Clooney. Ma in
fondo, sono come loro? A proposito: della Canalis si ricorderanno solo le
riviste di gossip.
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