Sono
fortunato a essere me stesso, adesso lo dico, lo posso dire dopo 30 anni di
battaglie. L’accettazione del Sé è lunga e comporta numerose guerre
giornaliere. Cosa ci posso fare, questa è la terra (il mondo in generale) in
cui è nato e ha respirato mio padre e dove mi ha partorito mia madre, non posso
flipparmi via per sofferenze oggettive, anche se sarei tentato. Ho conquistato
molto, forse per qualcuno tutto: il mestiere che mi piace e mi gratifica, una
bella casa che non sia un bilocale piccolo dell’architettura odierna dove minuscolo
è meglio, una donna posata, tranquilla, e vari hobby. Non ho molti amici,
quello sì, ancora non ho acquistato la padronanza nel confronto con gli altri:
lo stesso sesso mi fionda in competizione vitale, l’altrui genere in astio lavorativo.
Come me ce ne sono tanti, vado avanti anche per loro. Al mattino, dopo essermi
scambiato frasi dure con la compagna, mi dà gusto ritrovare i miei colleghi e
anche i malati del laboratorio. Un giorno li porterò su una mongolfiera, sopra
le nuvole, e gli farò vedere il cielo e soprattutto la patria, l’Italia, quello
scherzo di stivale che ha ospitato uomini eccezionali ma semplici, eppure Dei
nel loro cammino, come mio padre. Ieri sera ho rivisto un film in TV con
Leonardo Di Caprio, il mio attore preferito. La mia fantasia mi spaccava la
testa, i pensieri volavano liberi e malati. Perché Di Caprio? Innanzitutto per
le avventure che vi sono non mi metto a dormire in un cinema sciatto anche se
con il sorriso della mia lei, e già questo è molto, ma anche perché pone la
psicanalisi al centro della trama. I suoi personaggi sono come sono io,
intrappolati in una bolla più grande di loro, oppure consapevoli degli enormi
mezzi che possiedono ma li usano malvolentieri e a volte contro di essi, come
una scatola di xanax che occhieggia nel comodino della stanza d’albergo di Whitney
Houston. Di Caprio osa sempre, i suoi psicoterapici personaggi combattono
contro schegge più veloci, persone scaltre, assassini del cervello prima che
del corpo. Lui fa le scelte con il libero arbitrio, come in Inception, e non importa se deve
rinunciare a un qualcosa, a una parte di sé, a qualcuno, che sia moglie o
figli. I suoi film sono come la mia vita, scrittore perso e assistente ai
fragili. Quando esco dopo averlo visto barcollo, sembra mi prendano in giro o
lo faccio da solo. Quante volte ho vagato, dopo il cinema, verso qualcosa
d’ignoto o di banale, ad esempio “dov’è l’auto?” e quasi sempre l’ho trovato.
Spero che dietro di me ci sia l’alito di mio padre che mi tracci la via o
semplicemente me la faccia amare. “Ne hai x molto?”, il messaggio della moglie
arrivato a metà proiezione e quattro ore dopo averlo inviato, ed io cosa ho
fatto in quelle dannate ma benedette quattro ore? Con la x di xanax? Non so ancora
chi sono, ma aspetto fiducioso il futuro e un altro film del grande Leo Di
Caprio.
Per qualche ora dalla bolla sei uscito ed hai visto un bel film...che per qualche ora ti terrà compagnia.
RispondiEliminaCiao Ettore.