Secondo giorno
di malattia e già non ce la faccio più. I guardiani dell’INPS, adesso che c’è
la ricetta telematica online, possono giungere da un momento all’altro. Le ore
delle inopportune visite sono dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Il male di
schiena che mi affligge è un piccolo pretesto; in realtà al lavoro mi sento
frustrato, senza compiti precisi e “alti”, insomma con un grande avvenire
dietro le spalle. Purtroppo a 50 anni adesso tocca accontentarti della
professione che hai, nessuno ti fa sconti, tutti vogliono il tuo scalpo. Per
non incazzarmi troppo e dare un cazzotto al mio responsabile, o tirare i fondi
del caffè alla collega lecchina e impicciona, mi sono tolto dall’ambiente
pesante. E ora mi pesa sopravvivere. Chi sta male cosa fa alla mattina? Si reca
al porto, sole, mare, caffè e quotidiani, o Vanity Fair. E subire la depressione,
confusione mentale infinita. Berretto blu di marca, borsa e vestiti troppo
larghi e pesanti per nasconderti, scomparire.
L’occhio
clinico, per aver fatto ammattire i miei genitori per 20 anni, ce l’ho, so
distinguere un ammalato generico da un nevrotico, e questo non mi aiuta perché
penso che la gente mi veda in tal guisa: sfatto e incerto. “Mezzo alprazolam da
1”, ecco quello che ha ingerito quel pescatore con la donna giovane vicino in
jeans e maglietta nera che fa intravvedere poppe e chiappe. Lei è fuori, beve
una birra. Brutta gente come me. Il mare è opaco, così come il sole, ogni tanto
passa uno sportivo che pratica jogging e ex Assessori che inforcano l’amata
bicicletta.
Ho litigato
con tutti, non sono in pace con me stesso, mi ascolto malato e non solo alla
schiena. Il segreto per bypassare certi momenti è accettarsi ed essere sicuri
che tutto possa cambiare. Il borbottio dei gabbiani mi ricorda che venivo al
mare anche nella solitudine più slabbrata, quando le onde ti accarezzavano le
orecchie e vedevi le coppie baciarsi, impudiche e sfrontate.
E se la
pensione fosse questa? Un limbo e un noioso cuscinetto che ti separa dal tran
tran e ti prepara alla morte, anzi la avvicina? No, per carità, siccome ho
passato già questi momenti e non desidero riviverli, voglio lavorare fino ai 90
anni. Mostrare la paletta agli automobilisti per il passaggio degli alunni a me
non va. Coltivare le passioni sì, ma ci deve essere l’impegno e la regola di
vita che ti dona un lavoro, persino quello pessimo.
Fortuna che
tra poco il periodo della malattia, “acclarata” e mezza inscenata, smetterà, e
tornerò, con le pulsioni aggressive di sempre ma più rasserenato, a svolgere
quello per cui non sono portato ma rende, e sono stimato per ciò. No, cari
amici, bere due gin lemon al caffè in Piazza Cavour con la solita cricca,
sistemarmi meglio per vedere le donne passare, non fa per me. Lascio volentieri
a voi la pensione anticipata, io rientro nella macchina lavorativa e, se la
salute mi sorregge, difenderò il mio posto a denti stretti fino ai 90 anni.
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