lunedì 6 settembre 2010

Io borderline?

Chi inventa è borderline, è saputo, la creazione deriva dalla malattia che uno ha, forse dalla nascita. Quindi io sono borderline così come lo è Vittorio D’Augusta? Per non enfatizzare più di tanto lo j’accuse o l’outing mi trincero in un perentorio no, lo sono di più. Ma volete mettere una vitaccia piatta, tutto il contrario di quella di Farrell, dedita alla scuola, alla casa e alla chiesa, che tanto poi finisce tutto? Allora Dio ha inventato la malattia. Infatti c’è quella del credere e c’è quella del disturbo di personalità. Che non è schizofrenia, no, è effetto borderline, cioè sei di qua ma attento che poi vai di là, sei fuori, out. Ti mitizzi, sai che può capitare solo a te, a Farrell, a D’Augusta e a pochi altri anteposti. Non è stupefacente? Buon giorno, io sono un borderline, soffro nel confronto con gli altri, non sopporto il loro giudizio. Una mente semplice mi direbbe: “Scusa eh, rinchiuditi in un eremo e butta la chiave allora”. No, qui sta il bello. Il vero borderline vuole bere fino in fondo nel calice della sconfitta, della diversità, si bea, si crogiola, ride nello soffrire, cavalca l’Ippogrifo degli straniti, dei malati, dei persi. Io ho nemici normali, infartuati a 40 anni, che stanno male, soffrono e ti fanno soffrire con la loro pedanteria. Ma sfogati, per Giove, vai fuori di testa, lascia la donna, sposati a 50 anni, libera la pista! Il compagno di vita del borderline è spesso una psicologa, per chi ha fortuna, che ti sprona a vivere così, ti glorifica, ti sussurra che è meglio una vita serena che la salute mentale. Che me ne faccio della salute mentale? Non mi serve. Van Gogh era matto ma felice. Tutti gli artisti sono fanciulli, il loro sorriso è beato, il loro uomo beota. Spesso hanno vite alternative, parallelismi sessuali in dissesto, hanno timore delle belle donne, si scoprono lesbiche a 50 anni quando tutti gli altri, i cosiddetti normali dormono. Il sonno dell’ingiusto. Va beh, poi ci sono i difettucci: claustrofobia, dita dell’unghia incarnita, depressione, fobie esasperate, ma mai schizofrenia, o se ce l’hanno la combattono creando, componendo, dipingendo, scrivendo. Io, bontà vostra, ormai faccio parte dell’estrema schiera dei creativi, tra un bicchiere e l’altro mi diletto se ho tempo, godo del mio malanno, temo la normalità. Se mi vedeste in strada scappereste, da dietro sembro un perdente normale, mani tremolanti, pochi capelli bianchi, leggera scogliosi e camminata strascicata. Tale e quale il vostro ex marito. Se mi sentiste parlare il cuore mio fa festa e vi avvinghia, amo discutere di me, ma solo per pochi. Eletti. Sono un asociale, un vinto, un fallito. Ma ho ancora il cuore pieno di speranza e la mia donna si ferma quando mi vede per la strada, scende dall’auto, mi sorride, non scappa mai. Vi sembra una sconfitta questa? Saluto tutti i dannati, quelli che ho citato prima, che vanno avanti nonostante tutto in questa Rimini sempre più estranea ma in quanto tale amica. Perché poco vi conosce ancora, senno! Prosit e scarsa salute a tutti. Cioè a pochi.

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