“Gli uomini non cambiano” è il titolo
di una canzone dell’indimenticabile Mia Martini, uccisa per la nomea di porta
sfortuna, indirizzata sempre verso uomini sbagliati. “Ma perché gli uomini che
nascono sono figli delle donne ma non sono come noi”, questo un verso della
succitata canzone.
Mi sono recato in un bar di Viserba,
domenica mattina. Il locale era pieno, ma fortunatamente ho trovato un tavolo
per aspettare la mia donna. A un certo punto un uomo, con moglie e figlio, mi
ha detto con protervia: “Ma c’eravamo noi qui”. Io naturalmente gli ho risposto
da uomo, dato che non c’era nessuno, anche con un pizzico di cattiveria.
“Avresti dovuto rispondere con ironia”,
poi mi dice la mia compagna, tipo ‘alla Littizzetto’: “Già, siamo domenica, c’è
la fila alle poste, frenetica”, e l’avrei detto anche al bambino, figlio di
quell’energumeno, per fargli capire che la vita non è competizione spinta e
sfrenata.
Il caso del latte in polvere, a La
Spezia, è emblematico. Dodici pediatri, forse anche di più, guarda caso tutti
uomini, sono indagati perché invece del latte materno affibbiavano alle
partorienti il latte in polvere, poi quello che volevano loro, perché volevano
lucrare, guadagnare nei prodotti. Quindi, uomini che giocano con la vita anche del
nascituro, quasi una bestemmia sversata da maschi senza scrupoli.
E poi i tanti casi di femminicidio.
Sento dire: “La cosa più bella al mondo è uccidere la moglie”; mi domando il
perché di questo odio cieco, di questa violenza. Sono uomini che commettono i
più sanguinosi delitti, che sparano, ti accoltellano, fanno sparire il
cadavere, guardano film pedo-pornografici, foto hard spintissime. Uno scandalo. Che fatica
essere uomini!
Ma la fatica più grande è quella delle
madri che partoriscono i figli maschi. Esse sono le prescelte per eseguire un
compito quasi impossibile: far vedere al nascituro, uomo del futuro, la vita
con gioia, con amore, con naturalezza, rispondere con ironia, portare rispetto
alle persone.
Per tornare al brano di Mia Martini
l’uomo deve cambiare, non può immolarsi al Dio della rabbia, a un Dio che non
c’è; importi cattiveria e inculchi proselitismo ai tuoi simili.
Nella vita che naturalmente porta alla
morte, quindi si nasce già con la patente compassionevole, bisognerebbe amare i
propri simili, alle prese, come te, con gli amori che finiscono, come finisce
prima o poi la stessa vita. Siamo nella medesima nave, non facciamo come
Schettino, ma pilotiamola verso un porto sicuro, dopo un viaggio sereno.
Donna che metti al mondo un figlio maschio,
impegnati, educalo all’amore, ribalta il trend. A te è toccato tanto peso ma
tanto onore ma, sono sicuro, prima o poi porterai a casa i risultati di un
mondo cambiato, candido e ingenuo magari, dove il primo comandamento sia il
rispetto dei pari genere e soprattutto delle donne, così falcidiate, calpestate
e colpite in questo luttuoso terzo millennio che non fa intravvedere nulla di
buono, nemmeno ci dà speranza. Ma nella parte finale del testo di Martini una
speranza c’è, “gli uomini innamorati come te”. Facciamo e fate, donne
partorienti, che i futuri uomini cambino, che siano imperniati di amore sia per
se stessi che per il prossimo, un comandamento che non si dovrebbe calpestare
mai.
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