Non mi chiama
mai perché è convinto che gli risponderò di no, ma mi trova proprio nel momento
in cui con Chiara è finita.
“Si va a
mangiare una pizza, giovane”, gli messaggio di sì.
Esco dal
lavoro, solito giretto in Centro Rimini passando per via Covignano, e mi si
blocca lo stomaco. E adesso cosa faccio, gli dico un’altra volta che non vado?
Da Feltrinelli gli messaggio che ho lo stomaco chiuso e spengo il telefono.
Faccio un
giro per sportivi o per solitari: Centro Storico, Arco d’Augusto, Parco Cervi,
Piazzale Kennedy, via Destra del Porto e a casa. Ingurgito una pastiglia
omeopatica e...inizio a mangiare, alle 18 del pomeriggio. Crackers con lo
speck, con il prosciutto, Parmigiano, un cioccolatino, biscottini che un ex
cliente di mio padre ha portato la sera prima, e sono già pieno.
Mi telefona
Beppe: “Pistola, si esce lo stesso”.
Trasalisco, ho
mangiato di tutto e ora cosa mi aspetta? Di sicuro pizza, birra e patatine.
Io e Beppe
siamo simili: single per forza, rasati, leggera barbetta, quasi stessa età,
solamente che lui viaggia fisicamente ed io mentalmente. Battiti accelerati,
che, nonostante l’amore e l’assiduità per la palestra, non riusciamo a fermare.
Arrivati nel
bel mezzo della Santarcangiolese, nella nebbia scorgemmo un’auto ferma,
parcheggiata contromano con il davanti nell’erba e il dietro nella strada.
Rapida occhiata e, da corsari, decidemmo in un amen.
Parcheggiammo
e poi ci buttammo nel luogo deputato. Un uomo anziano, Gino V., ha perso la
strada ed è arrabbiato con se stesso. Lo calmammo ed io mi misi al centro della
strada, a quell’ora e in quel periodo frequentatissima, per fermare le auto.
Incoscienza calcolata. Intanto si fermò una coppia, appena tornata dall’Iper di
Savignano, con dei figli che aspettano, e ci diedero una mano. Chiamammo i
Carabinieri, che ci dettero il numero dei colleghi di Santarcangelo. Incredibile,
anche qui burocrazia! Beppe si allontana, ma dubito, ora, che avesse mai
formato quel secondo numero, chissà perchè.
L’uomo ci
disse dove abitava, Beppe guidò la sua auto e seguì Giuliano e Monia, che un
po’ conoscevano la zona, con me seduto dietro, nella macchina spaziosa.
Gino aveva
perso la strada, la sua zona era la via Fabbrerie, a Canonica. Ma la nebbia, la
perdita della moglie da tre mesi, l’emozione per il figlio che era venuto al
mattino a trovarlo da Ravenna, lo condussero nella nebbia Felliniana di
Amarcord, dove può succedere di tutto, anche di trovare la compagna sbagliata
per quel periodo di festa, madama la morte.
Trovammo la
strada, abbracci, auguri, ci aiutarono alcuni proprietari di bar vicini.
“Gino come
va?” gli chiesi speranzoso, “Mio figlio stamattina mi ha portato le medicine,
le gocce per gli occhi”.
Poteva avere
l’età di mio padre, si era perso nella notte più serena, con il lutto nel cuore
e la speranza azzerata. Ma quello che mi passava per la testa era triste: chi
si sarebbe fermato, per aiutare uno sconosciuto, in quella notte di
antivigilia?
La pizzeria
era alla buona, sempre nella via Santarcangiolese. Con Beppe parlammo di donne,
della mia ex, di vista, miopia. Non siamo giovani, ma abbiamo quel quid in più,
forse il cuore, la testa, la sofferenza che teniamo lontana con gesti diversi:
lui viaggia, io scrivo. “Vedi, se rimanevi a casa questa avventura te la
sognavi. Ma ti rendi conto? Hai salvato un uomo, ti sei posto in mezzo alla
strada, con le auto che sfrecciavano a 80 all’ora, e segnavi di svoltare o
fermarsi. Sei un grande, tigre.” “Che dici Beppe, ci prepareranno l’ascensore
per il Paradiso?” “Sì, ma a suo tempo pistola, ci vediamo l’anno nuovo, ora
parto, vado a Cracovia il 26, perché non vieni con me?” “Ci Provo Beppe, ci
provo.”
Arrivato a
casa, per scaricare la tensione feci un giro in bici, sempre il solito percorso,
e stavolta avendo un po’ di timore, ma pensai al prode Beppe dal cuore grande e
alle future avventure con lui. Senza donne ma con tanta amicizia.
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