venerdì 1 novembre 2013

Due film: La vita di Adele e Gloria.


La risposta è semplice: sono in visione entrambe al cinema Settebello di Rimini. Capperi, non mi va né Internet, né tv, né telefono Smart Phone. Tanto vale andare al cinema.
In realtà sono due film completamente opposti. Paulina Garcia, l’interprete di Gloria, nel film ha 58 anni, e Lea Seydoux, interprete de La vita di Adele, all’inizio ne ha 15. E in mezzo? Nulla perché in mezzo non c’è niente. 58 e 15 sono le età più sconvolgenti per una donna, ti falciano i sogni, ti aprono spiragli o ti chiudono la via.
Gloria molti l’hanno trovato un film divertente: io ci ho visto la morte, l’abitudine, l’inquietudine. Andare a letto soli, per una donna da sola e con gli occhiali, in compagnia di un gatto col corpo flaccido come lei e senza pelo ti può schiantare. Avete presente la scena finale di C’era una volta in America con De Niro? Uguale. L’abitudine ti slaccia alla vita, la forza centripeta ti scaglia fuori, ma tu devi rimanere dentro, per tutti, ma dapprima per te stessa. Gloria ha il sorriso sempre pronto, ma ha un figlio depresso, la figlia incinta che si stabilirà in Svezia con il marito, e Gloria rimarrà in Cile, da sola. Alle prese con storie che non hanno mai lieto fine perché non possono averlo. Anche per chi ha 50 anni gli uomini del film possono sembrare vecchi, infatti lo sono, tutti con vite tristi alle spalle. Misteriosi e impauriti non s’aprono più all’amore e sembrano egocentrici ragazzi che conducono una linea troppo dritta e deprimente. Gloria va in discoteca, occhieggia agli uomini, li adesca. Vorrebbe qualcuno che rimpiazzi l’ex marito, un giovanilista brillo, ma finisce spesso da sola, nel letto tanto grande, con un gatto spelacchiato. Ma quando fa all’amore ti mostra un corpo ancora splendente, vivo, desideroso di darsi agli altri.
Adele è invece un’adolescente inquieta nella Francia inquieta e multirazziale. Finché frequenta le sue care amiche e si fa notare per il suo ragazzo, le gira tutto dritto. Dopo la barra casca sulla chioma blu di Emma. È un attimo: Adele ne è affascinata, confusa la cerca nei bar gay, e la trova, meravigliosa con la sua allure disperata e colta. Spielberg e i suoi “accoliti” hanno premiato a Cannes il film con la Palma d’oro, ma in effetti è una pellicola che non insegna niente, non graffia, non brilla, non si diversifica. È il solito incontro tra due mondi diversi e distantissimi, che solo la passione erotica congiunge per poco tempo. Come tra etero. Emma e Adele conducono triangoli saffici che fanno impallidire il corpo nudo di Gloria (si scommette anche Bernardo Bertolucci) e le flaccide e avvizzite epa dei suoi corteggiatori. Tanto da far dire che è solo il sesso che dirige il buon Steven a far gridare “al capolavoro” il modesto film di un regista multirazziale.
Paulina Garcia e Lea Seydoux hanno il pregio di stregare i registi, forse il mondo intero degli spettatori. Una, Gloria, disperata e felice, ridanciana e triste; l’altra con il labbro alla francese e sempre in viso i segni di pianto e risate, che si liquefanno tra le sue morbide guance.
Il film su Adele non mi ha lasciato niente, solo la diva del futuro. La trama è trita, quasi banale. Il sesso lesbico non basta per gustarsi il tutto, c’è chi diceva: Ancora!!! Adele è una patatona che muore tra le braccia infide dell’esperta e affascinante Emma, una donna giovane ma vissuta, alle volte feroce. Adele cade nella sua trappola di mantide e si fa quasi umiliare.
Gloria, mosca bianca in un’epoca giovanilista, ha insegnato che si vive fino a tardi. Da protagonisti. A me ha fatto invece scalpore come la protagonista non issasse la bandiera bianca della fine, che poi fine è. Non mi si dica che è l’ennesima storia di donna con gli attributi: qui è una compulsiva che cerca di scacciare la banalità, mentre in disco ascolta la celeberrima Gloria di Umberto Tozzi, qui in lingua spagnola.
Vale la pena andare a vedere i due film descritti, almeno per il confronto e la loro dicotomica diversità.


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